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  • Valerio Martinelli

Sì al patto contro le disuguaglianze

di Valerio Martinelli




In tempi di crisi, come quella che l’Italia e il mondo stanno attraversando a causa della pandemia da Covid-19, le diseguaglianze già esistenti rischiano di aumentare e aggravarsi. Lo shock causato dall’emergenza sanitaria globale, purtroppo, non ha fatto eccezione. Le diseguaglianze emerse sin dagli anni Sessanta e Settanta, causate soprattutto dal cambiamento tecnologico, dall’incessante globalizzazione del lavoro e dei mercati e dal repentino abbandono delle politiche keynesiane, si sono manifestate nuovamente e con maggior impeto a seguito della crisi economico-finanziaria del 2007-2008 e, in particolare, della diffusione del Covid-19 nel corso del 2020.

Quest’ultima crisi ha reso evidente che la sola lente economica non è in grado di leggere le diseguaglianze venutesi a creare negli scorsi decenni. Alle fratture economiche, occupazionali e salariali si sommano quelle sempre più profonde di tipo sociale, sanitario, educativo e tecnologico, ma anche diseguaglianze tra le generazioni e i generi. Il problema della diseguaglianza – o meglio, a questo punto, delle diseguaglianze – si presenta dunque come “il problema dei problemi”, verso il quale occorre mettere in campo interventi strutturali e radicali non solo per garantire una società più equa, ma anche per garantirne la sicurezza. Come spiega anche papa Francesco, all’interno della sua lettera enciclica Evangelii Gaudium, “[…] fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’iniquità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza”. Con un approccio più ampio, dunque, la (dis)uguaglianza ha in sé, per usare un termine fisico, l’energia potenziale di scatenare e alimentare persino le violenze. I fatti di Capitol Hill, come letti da Fabrizio Barca in un’intervista rilasciata a La Stampa, confermano questa possibilità: le diseguaglianze – sociali, economiche, educative – possono causare insicurezza.

Per dar vita a un sistema più inclusivo, allora, occorre un nuovo approccio all’economia, che non si limiti a un mero esercizio di riforma dell’esistente. Proprio in questa prospettiva si colloca l’iniziativa The Economy of Francesco, voluta da papa Francesco per “cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani”. Una rete di giovani ricercatori, imprenditori e change makers provenienti da oltre 115 Paesi che si è dedicata ad affrontare temi come lo sviluppo economico, la sostenibilità, il benessere, la povertà, la lotta alle disuguaglianze, le migrazioni, il lavoro e i beni comuni attraverso proposte concrete e operative, riassunte all’interno del Manifesto pubblicato al termine del confronto.

Queste indicazioni, adesso, devono essere tradotte in pratiche quotidiane. Come giovane amministratore di un piccolo comune alla prima esperienza, ho potuto sperimentare tutta la tragica straordinarietà del momento che stavamo vivendo e il suo impatto nelle nostre realtà territoriali. Gli enti locali, grazie alla loro prossimità alle comunità, possono rappresentare un vettore fondamentale per il contrasto alle diseguaglianze ed essere una piattaforma innovativa per la sperimentazione di politiche pubbliche che coinvolgano la cittadinanza. Ancora una volta, papa Francesco ci ha ricordato come si possa far molto nel contesto in cui ci muoviamo, chiamati a essere lievito e a “sporcarsi le mani” per mettere in pratica quelle proposte e quei principi che The Economy of Francesco ha riassunto nelle sue giornate di lavoro.

Naturalmente, tale sfida si impone primariamente a chi ha responsabilità di governo. Ma l’appello di papa Francesco non si limita soltanto a questi ultimi, ma all’intera collettività e, in particolare, ai giovani, invitati a prendersi le proprie responsabilità. Ciascuno, ovviamente, là dove opera e là dove può, per coinvolgere, sensibilizzare, contribuire attivamente a quel “progresso materiale e spirituale della società” che ci ricorda l’articolo 4 della nostra Costituzione.


Valerio Martinelli



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